Dalle inondazioni alla siccità, passando per lo stress da caldo, l’esaurimento delle acque sotterranee e l’inquinamento delle acque superficiali: le cinque sfide della resilienza climatica rappresentano da sempre un tema di grande interesse per Wavin Italia. Non è un caso che negli ultimi anni l’azienda abbia intensificato ancor di più il dialogo con le municipalità, gli imprenditori edili, le ONG, gli ingegneri e gli appaltatori dislocati sul territorio, con l’obiettivo di ricercare insieme le migliori soluzioni per “costruire meglio e favorire lo sviluppo di città più resilienti”.
In questo contesto il claim della nuova campagna di comunicazione di Wavin dedicata a temi quali la
sostenibilità, la
resilienza climatica e la
creazione di città a prova di futuro, ovvero
“Fai valere ogni decisione”, esprime una necessità molto attuale e condivisa dai principali decision maker nazionali e internazionali. Lo conferma anche l'architetto
Lorenzo Bellicini, direttore del
CRESME (Centro Ricerche Economiche Sociologiche e di Mercato nell’Edilizia), intervistato per il secondo appuntamento del format
#WavIncontra dall’amministratore delegato di Wavin Italia,
Emilio Rigiroli.
“La resilienza climatica è uno tra i più grandi temi che il mondo si troverà a dover affrontare – sottolinea l'arch. Bellicini – sappiamo benissimo che le città sono responsabili di circa il 75% delle emissioni di CO2 ed è normale che diventi inevitabile, anche in considerazione del fatto che l’urbanizzazione sta aumentando in maniera vertiginosa, ripensare il rapporto delle grandi metropoli con l’ambiente. Per questi grandi temi serviranno in primo luogo nuove politiche, che consentano alle città di sviluppare non soltanto piani urbanistici, ma anche piani di resilienza. Inoltre avremo bisogno di nuove tecnologie e soluzioni che possano rispondere a una domanda che in futuro sarà sempre più determinante”.
“La resilienza climatica è uno tra i più grandi temi che il mondo si troverà a dover affrontare – sottolinea l'arch. Bellicini – sappiamo benissimo che le città sono responsabili di circa il 75% delle emissioni di CO2 ed è normale che diventi inevitabile, anche in considerazione del fatto che l’urbanizzazione sta aumentando in maniera vertiginosa, ripensare il rapporto delle grandi metropoli con l’ambiente. Per questi grandi temi serviranno in primo luogo nuove politiche, che consentano alle città di sviluppare non soltanto piani urbanistici, ma anche piani di resilienza. Inoltre avremo bisogno di nuove tecnologie e soluzioni che possano rispondere a una domanda che in futuro sarà sempre più determinante”.
Emilio Rigiroli: Tornando al claim della campagna di Wavin, qual è stato l’episodio più significativo in cui è riuscito a far valere la sua decisione?
“Credo che la decisione più importante che abbiamo preso negli ultimi anni sia stata quella di affrontare una tra le più grandi crisi che il nostro settore abbia mai vissuto, effettuando nuovi investimenti. Nello specifico, in un momento storico in cui il comparto dell’edilizia rischiava di sprofondare e in cui le risorse erano molto limitate, a differenza di molti altri operatori abbiamo voluto investire nello sviluppo di sistemi informativi, in modo da differenziare la nostra attività e cogliere il cambiamento che la crisi stessa ci offriva. Un’operazione che ancora oggi sta continuando a premiarci”.
Emilio Rigiroli: Cogliere i cambiamenti è certamente una grande sfida. Cosa si può fare invece in concreto per rendere le città più resilienti?
“La domanda è molto complessa perché la resilienza urbana può essere declinata in varie forme – continua il direttore del CRESME – certamente l’intensità delle piogge e il rapporto delle città con l’acqua sono temi di grandissima attualità. Fa sorridere il fatto che in Italia, seppur la rete acquedottistica perde circa il 40% dell’acqua che passa al suo interno, non sono stati apportati miglioramenti e la situazione negli anni è peggiorata costantemente. In Europa abbiamo invece numerosi esempi virtuosi. A Londra ci è stato riferito di un grande collettore, lungo 25 km e posizionato 90 metri sotto al Tamigi, per poter far fronte alle problematiche della rete fognaria messa a dura prova dalle forti piogge. In Germania, ad Amburgo, il nuovo quartiere portuale HanfenCity è stato invece pensato per stare anche 7 metri più in alto rispetto alla sua posizione attuale, in modo da prevenire gli innalzamenti del mare ed eventuali inondazioni dovute alle alluvioni. La gestione e la raccolta dell’acqua non esaurisce tuttavia il tema della resilienza, dato che si può parlare anche di calore, di uso dell’energia e di molto altro. In considerazione dell’ampiezza di questo argomento, ciò che occorre sottolineare a mio parere è che bisogna trovare il modo di agire in forma nuova rispetto al passato, individuando delle risposte che non possono essere lineari bensì sistemiche”.
“La domanda è molto complessa perché la resilienza urbana può essere declinata in varie forme – continua il direttore del CRESME – certamente l’intensità delle piogge e il rapporto delle città con l’acqua sono temi di grandissima attualità. Fa sorridere il fatto che in Italia, seppur la rete acquedottistica perde circa il 40% dell’acqua che passa al suo interno, non sono stati apportati miglioramenti e la situazione negli anni è peggiorata costantemente. In Europa abbiamo invece numerosi esempi virtuosi. A Londra ci è stato riferito di un grande collettore, lungo 25 km e posizionato 90 metri sotto al Tamigi, per poter far fronte alle problematiche della rete fognaria messa a dura prova dalle forti piogge. In Germania, ad Amburgo, il nuovo quartiere portuale HanfenCity è stato invece pensato per stare anche 7 metri più in alto rispetto alla sua posizione attuale, in modo da prevenire gli innalzamenti del mare ed eventuali inondazioni dovute alle alluvioni. La gestione e la raccolta dell’acqua non esaurisce tuttavia il tema della resilienza, dato che si può parlare anche di calore, di uso dell’energia e di molto altro. In considerazione dell’ampiezza di questo argomento, ciò che occorre sottolineare a mio parere è che bisogna trovare il modo di agire in forma nuova rispetto al passato, individuando delle risposte che non possono essere lineari bensì sistemiche”.
Emilio Rigiroli: Dato che ha parlato di calore, uno studio evidenzia che l’aumento dei siti verdi all’interno delle città favorirebbe una diminuzione della temperatura di ben 8°. Secondo lei nelle città del futuro questo elemento può davvero fare la differenza?
“Partirei dal dire che effettivamente l’idea storica delle città giardino torna a essere di moda e riporta in auge la piantumazione degli alberi all’interno delle metropoli. Non si tratta tuttavia soltanto di piantare alberi, bensì di rivedere il rapporto tra spazio costruito e spazio verde e di dare vita al ridisegno di un pensiero urbano, in cui intervengono molte altre dinamiche quali l’uso del tempo nella città, il ruolo dell’abitazione e del luogo di lavoro, oltre che la qualità dell’aria che si respira. Per certo sappiamo che negli ultimi anni le temperature sono cresciute costantemente e che in futuro questo aumento proseguirà con forza. Di conseguenza il verde è certamente una tra le risposte a questi effetti climatici estremi”.
Emilio Rigiroli: Tornando al problema dell’acqua che, come visto in precedenza, non solo non siamo in grado di immagazzinare ma che disperdiamo copiosamente nella rete, cosa possiamo fare per risolvere questo problema?
“È evidente che la prima cosa da fare è pensare a rendere efficiente la gestione dell’acqua. Anche perché, se ci pensiamo bene, è vero che il cambiamento climatico porta molta acqua con le alluvioni, ma in certi periodi dell’anno ne porta anche troppo poca. In questo contesto lavorare su soluzioni che garantiscano l’accumulo, sistemi di depurazione e gestioni di flussi sarà certamente uno dei grandi temi che le città si troveranno a dover affrontare”.
Guarda il video integrale dell'intervista dell'amministratore delegato di Wavin Italia
Emilio Rigiroli all'architetto
Lorenzo Bellicini Direttore di CRESME.